E che ci trovassimo sotto l’ombrellone, durante una lunga attesa o anche solo alla ricerca di un momento di relax costruttivo, è probabile che quella successione di quadratini bianchi e neri appartenesse alle pagine de La Settimana Enigmistica.
Il più famoso periodico italiano di enigmistica ha festeggiato pochi mesi fa gli 87 anni dalla prima pubblicazione, risalente al 23 gennaio del 1932. Quasi un secolo di parole crociate, rebus, indovinelli, anagrammi e rompicapi formulati per regalarci un passatempo istruttivo e sfide intelligenti.
La Settimana Enigmistica non ha interrotto le pubblicazioni nemmeno durante i periodi di guerra – perché era la distrazione più diffusa tra i soldati italiani – ed è pubblicata ancora oggi con cadenza settimanale, in un formato pressoché identico a quello del primo numero.
Qualche tocco di colore, un linguaggio meno paludato, tratti grafici rivisti qua e là, ma nel complesso un numero odierno appare del tutto simile al primo, voluto e realizzato da Giorgio Sisini. I contenuti, quelli sì, sono adattati alla contemporaneità, ma con attenzione estrema a non inseguire il chiacchiericcio del momento.
Da pochi giorni è in onda sugli schermi delle nostre tv un nuovo spot del periodico milanese. Per stessa ammissione della redazione, l’estate è un periodo dell’anno in cui La Settimana Enigmistica aumenta le copie vendute, visto il maggior tempo libero e le situazioni favorevoli a disposizione dei potenziali acquirenti. È il momento giusto, dunque, per ricordare ai telespettatori che comprarne una copia può essere piacevole e utile.
Lo spot inizia dallo spettacolare sito archeologico del Machu Picchu, in Perù. Una giovane donna è accomodata su una seduta naturale in roccia ed è impegnata con concentrazione massima a dare una risposta alle sollecitazioni de La settimana Enigmistica. Il trasporto regalatole dal settimanale è tale che sembra essersi ritrovata totalmente immersa in quel posto con facilità ed estrema naturalezza.
Ad interromperla è un alpaca, avvicinatosi in silenzio. La chiama più volte col suo nome, Maria, e lei impiega del tempo a destarsi, quasi a dover uscire da uno stato di trance. In effetti, Maria non si trova realmente in Perù, bensì siede in attesa sulla sedia di una parrucchiera.
Se ne accorge quando un’altra donna in attesa della coiffeur – con una capigliatura bizzarra che ricorda il ciuffo di un alpaca, appunto – insiste nel parlarle e le chiede con aria civettuola: “Hai sentito? Tina si è lasciata”. Maria scuote la testa sorridendo, riprende le parole crociate e torna sul Machu Picchu.
Lo spot si chiude con una nuova panoramica dal Perù e il claim compare in sovraimpressione: “Settimana Enigmistica, solo tu mi porti via”.
Con un certo snobismo, se vogliamo, questo passaggio vuole trasmetterci la capacità de La Settimana Enigmistica di elevarci, di trasportarci in luoghi remoti del sapere e del mondo, di farci provare interesse e stimoli anche in situazioni in cui la realtà intorno a noi ci vorrebbe ancorati a distrazioni più frivole, trascurabili. E di riuscirci giocando.
Il periodico ha sempre puntato a stimolare e catturare l’attenzione con giochi dal meccanismo apparentemente semplice, ma in grado di impegnarci in lunghe riflessioni per risolvere questo o quel quesito. Il punto di forza, probabilmente, risiede proprio nell’abilità di allenare le capacità dell’enigmista fino a trasformare la ricerca di una risposta – ad una prima impressione funzionale solo alla soluzione del passatempo – in una piccola sfida interessante. Vengono attivati talmente tanti percorsi mentali da rapirci e lasciare tracce talvolta pure durature nella nostra memoria.
La domanda che si impone, a questo punto, è: quante persone sono inclini a comprare, nel 2019, un periodico cartaceo nato quasi cento anni fa, rimasto, di fatto, uguale ad allora e di cui si trovano omologhi in decine di forme diverse? La risposta è molto meno scontata di quanto si possa credere.
La società editrice de La Settimana Enigmistica, la Bresi, ha sempre fatto della riservatezza estrema un valore fondamentale. I responsabili, in primis il Direttore Francesco Baggi Sisini, non concedono interviste e non permettono l’ingresso nella redazione milanese di Piazza delle Cinque Giornate. Non si conoscono pubblicamente il numero di persone che lavora al periodico, né l’identità di molti di loro. Allo stesso modo, non si conoscono i dati delle vendite e per parlarne ci si può affidare solo a delle stime.
Secondo quelle più accreditate, pare che negli ultimi anni La Settimana Enigmistica sia in grado di raggiungere una media di circa 600mila copie settimanali vendute e che fino a pochi lustri fa riuscisse a superare quota 1 milione. Numeri che ne fanno una delle pubblicazioni di maggior successo nel nostro Paese.
L’ostinazione nel mantenere un formato e un’impaginazione quasi immutati negli anni è probabilmente diventata elemento di riconoscibilità e affidabilità. Ma, forse, nulla potrebbe se dietro La Settimana Enigmistica non ci fosse un lavoro maniacale nella cura dei giochi, a sua volta figlia di una strategia tesa a migliorare costantemente le routine redazionali ma con passi quasi impercettibili, senza mai stravolgerle.
Dietro le parole crociate, ad esempio, c’è un grosso studio che porta a differenze non di poco conto con i competitors.
Così, nonostante la proliferazione di cruciverba, rebus e rompicapi su decine di altre pubblicazioni, centinaia di siti internet e applicazioni sui nostri smartphone, La Settimana Enigmistica mantiene appeal e autorevolezza.
Una forza editoriale efficace nel trovare qualche ammiratore persino in un target come quello dei giovani, non proprio affine ad un settimanale di questo tipo.
Succede così che l’appena ventenne Nicolò Scalfi diventi il più grande vincitore e il più longevo campione di un quiz-show come Caduta Libera e, nel tributare i meriti del suo grande risultato al cospetto di Gerry Scotti, tiri in ballo gli insegnamenti de La Settimana Enigmistica.
A dimostrazione di quanto quelle pagine in bianco e nero possano ancora “portare via”, come recita lo spot tv, non solo sul Machu Picchu.