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D’altro canto la personalità di Piovani non ama le barriere, la separazione netta – per lui inesistente – fra due mondi che appartengono entrambi all’universo dei suoni. Forse per questo Piovani è amato, seguìto, ascoltato: e la sua musica non finisce nei ghetti degli ascolti in TV a notte fonda, c’est à dire nei non-ascolti, perché la gente che lavora (ma anche chi è disoccupato) a quell’ora va a dormire.
Nelle sue opere c’è qualcosa di grato, di consueto, di familiare: attorno a Piovani si raccolgono i giovani, come attorno a Giovanni Allevi. Infatti sono due esponenti – specie Allevi – anche della musica di stampo classico (il secondo gradisce di esser definito ‘nuovo Mozart’), in cui affiorano elementi di matrice diversa, inconfondibilmente pop, come i sound ripetitivi, che attirano la componente giovanile degli ascoltatori.
Nicola Piovani con Noa
Nicola Piovani con NoaMa ecco che alla domanda del cosa fare per evitare il confinamento della classica in TV nelle ore piccole, Piovani risponde in modo sorprendente: “Quello che fa la differenza è molto semplice da scoprire: ciò che prevale è l’audience, la sovranità dell’audience. E’ questa che decide, è il seguito di pubblico. Il discorso vale per tutto il resto, per l’ambito dello sport, della moda, dell’arte, della cronaca, della politica. Quante volte una notizia importante non arriva affatto in TV, a vantaggio di altre meno impegnative. La TV dipende dall’audience, specialmente quella generalista”.
Ma davvero nel determinare l’audience non c’entra la difficoltà del linguaggio della musica? “Io ho assistito sempre ad un successo assoluto fra i giovani, dinanzi alle composizioni di Beethoven o di Verdi, in concerto. Il linguaggio musicale non è difficile come si pensa”.
La
La caricatura di Piovani fatta da Federico Fellini
Però lo è indubbiamente quello della musica contemporanea… “No, non accetto questa differenziazione. Anche per la musica di Evangelisti, Sciarrino o Xenakis è solo un problema di ascolto, di capacità di ascolto. La scuola pubblica è una vergogna in tal senso, quanto ad indifferenza per l’assenza di insegnamento musicale nei licei, dove si studiano Dante, Shakespeare, Einstein, ma nulla di Bach, di Verdi, di Stravinskij”.
Infatti, forse, se fin da bambini… “E’ risaputo che il fanciullo nei primi anni di vita recepisce in modo straordinario: l’ascolto dei compositori contemporanei, della chitarra elettrica e di altri suoni della musica di oggi, lascerebbero in lui tracce indelebili, che lo guiderebbero nell’età adulta. La scuola è responsabile”.
Parco della Musica
Lo afferma anche la voce possente di Uto Ughi, che si richiama tuttora alla ‘sorpassata’ scuola pubblica, dove ti insegnavano che in greo έβην è l’aoristo forte di βαίνω e vuol dire ‘io andai’, in modo tale che non te lo dimenticavi più, nemmeno a 80 anni. Comunque niente steccati, la musica – come la danza – è una. Se chiediamo ancora a Nicola Piovani quale realtà, anche nel suo campo, è per lui oggi più pericolosa, risponde: “L’intolleranza”.