Infatti resta un vertice qualitativo la semplice, inimitabile regìa di Andrea De Rosa, attivo nel Teatro S.Carlos di Lisbona, alla Fenice di Venezia, all’Opera di Roma, al Regio di Torino. Restano altresì esemplari i bellissimi costumi settecenteschi di Gabriella Pescucci, cui si sono aggiunte le luci di Pasquale Mari.
Il Maestro Riccardo Muti
Il Maestro Muti ha guidato l’Orchestra Giovanile Cherubini da lui stesso fondata nel 2004, con una chiarità e leggerezza di tocco perfetta per il capolavoro di Donizetti, ancora immerso nella tradizione del teatro buffo settecentesco, che Muti tanto ama e spesso restituisce nelle stagioni del Ravenna Festival. Eppure il “Don Pasquale” è stato composto da Donizetti nel 1842, in pieno Romanticismo: ma per lui il teatro buffo era una realtà ancora viva, accanto alla tragica e onirica sua “Lucia di Lammermoor”.
Il soggetto dell’opera andata in onda su Rai 5 ha la sua prevista comicità: il settantenne e panciuto Don Pasquale (il rinomato basso buffo Claudio Desideri) vuole sposarsi, e incarica il dottor Malatesta (baritono Mario Crassi) di cercargli una sposa, cacciando di casa il nipote Ernesto (stupendo tenore belcantista Juan Francisco Gatell) che, innamorato dell’umile Norina, non vuol sposare la vecchia e ricca zitella propostagli da Don Pasquale.
Laura Giordano
Ma il Malatesta pesca nel torbido e gli propone una sua (finta) sorella, giovane educata in convento. Don Pasquale incantato ci casca: davanti al notaio (Gabriele Spina) sposa Sofronia la fanciulla (soprano belcantista Laura Giordano), donandole metà dei suoi beni. Dopo la firma, questa (che è poi Nerina fidanzata di Ernesto) tira fuori le grinfie, critica la casa, raddoppia lo stipendio alla servitù, bistratta il marito ben sicura di sé: “So anch’io la virtù magica di suscitare amore”, dice nella sua cavatina.
Don Pasquale quasi finisce pazzo e cerca di mandar fuori di casa la terribile moglie, ricorrendo nuovamente al dottor Malatesta: non dimentichiamo l’insuperabile terzetto del II atto fra Sofronia-Nerina, Don Pasquale e il Malatesta, nello stile velocissimo dei concertati buffi e scioglilingua, cari soprattutto a Rossini.
Il dottor Malatesta allora si inventa un adulterio e propone al vecchio di spiare la moglie, che ha dato un appuntamento al suo amante (il quale poi è Ernesto): segue qui uno dei più teneri duetti d’amore del teatro di eredità settecentesca fra Ernesto e Nerina, con “Tornami a dir che m’ami”. Poi, durante lo scompiglio seguìto, Don Pasquale si dichiara disposto a far sposare la moglie con un altro: e qui, su spinta del dottor Malatesta, Ernesto e Nerina si rivelano, il vecchio dongiovanni perdona tutti, augura il bene agli sposi, e il lieto fine è garantito.
Le voci belcantistiche dei due innamorati, spinte sempre all’acuto, sembravano gemme preziose, che le frequenti increspature timbriche del M°Muti sottolineavano, assicurando all’intera opera un ascolto graditissimo e raro per chiunque.
Regìa televisiva di Gabriele Cazzola.
Sarà pure specializzata, ma la ragazza nella foto non è Laura Giordano! ?