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Nessun gratificante effetto nostalgia da madeleine proustiana, neppure per quel pubblico “diversamente giovane” che rappresenta il target di riferimento per l’azienda pubblica.
Ultima sconcertante notizia: l’addio alle vecchie care Signorine buonasera: cacciate dall’azienda pubblica perchè non più in sintonia con l’evoluzione delle mode e delle tecnologie. Anni fa toccò anche alla kermesse di bellezza Miss Italia essere sfrattata dal palinsesto di Rai1 in quanto non rispondente al modello moderno che l’azienda voleva dare della donna. E scese in campo persino la Presidente della Camera a tuonare contro la passerella di innocenti ragazze colpevoli di avere un fisico perfetto e di ostentarlo decorosamente.
Adesso nessuno ci annuncerà i programmi in arrivo. Ci sono altri modi per essere informati, dal tablet ai quotidiani, dal cellulare ai settimanali. Ci hanno tolto però le poche (forse uniche) persone rispettose dei telespettatori salutati idealmente, da un sorriso e da quel “buonasera” marchio distintivo da Nicoletta Orsomandi a Claudia Andreatti.
Ci resta la marea di volgarità e di cronaca nera da cui siamo stati travolti nel corso della passata stagione e dalla quale non ci libereremo facilmente. Ci resta l’ossessionante ripetitività di programmi privi di ogni idea creativa ma riproposti in stagioni successive secondo lo schema di una soap opera nella quale non accade mai nulla. Ci resta la frenetica, convulsa corsa a stimolare ipocritamente la curiosità morbosa e voyeuristica insita in ognuno di noi nei riguardi di determinati avvenimenti.
Per tutta una stagione Cristina Parodi e Marco Liorni hanno portato in video i delitti più efferati, i cold case italiani sui quali discutere con improbabili esperti in una sorta di elucubrazione mentale senza soluzione di continuità. Troppo spesso il pomeriggio di Rai1 è stato macchiato del sangue di delitti sfruttati fino all’inverosimile pur di strappare qualche centesimo di share alla concorrenza. Sotto questo aspetto il degrado della tv pubblica è deprimente.
Cronaca nera affrontata con dovizia di particolari, spesso con un voyeursimo macabro e retorico, temi in rosa che sembrano usciti dai tanti giornaletti di gossip, attualità strappa-audience sbattuta in primo piano, casi umani sotto i riflettori. Tutto era sapientemente costruito nella quotidianità discutibile de La vita in diretta. Cristina Parodi e Marco Liorni, ogni pomeriggio hanno officiato una cerimonia di morte e pettegolezzi, infarcita di ospiti che discettano su qualsiasi argomento. Ospiti che si susseguivano con continuità in una sorta di malinconico luna park.
Per mesi abbiamo dovuto assistere, nel prime time del sabato sera, alle performance di bambini canterini, teleguidati dalla sapiente regia di autori e conduttori. Ti lascio una canzone ha impegnato le infantili ugole ad uso e consumo di un popolo adulto. Ugole strappate all’infanzia. Ed alla sana lettura di fiabe.
Abbiamo dovuto sopportare la supponenza di Caterina Balivo alla guida di Detto fatto che su Rai2 ha spazzato via, nel pomeriggio della rete, ogni positivo concetto di factual e di “fai da te”.
Ci siamo indignati per l’abdicazione di Ballando con le stelle all’eleganza della collaudata formula del passato in nome della rincorsa all’audience. Liti e parolacce si son mescolate ai passi di danza, immolando sull’altare della volgarità, persino il messaggio positivo del ballo.
Abbiamo assistito alle performance inutili di Laura Pausini e Paola Cortellesi perse, nel corso di tre sabati sera, in un ondeggiare di chiacchiere e dialoghi assolutamente inconsistenti e talmente banali da far passare in secondo piano anche la bellezza della musica.
Con pazienza e sconcerto, abbiamo visto scorrere, da ottobre a maggio, le puntate sempre più insostenibili di una Domenica in da dimenticare. Atmosfere da festicciole e ritrovi da quattro amici al bar che non sanno come ammazzare il tempo, disquisizioni su argomenti banalissimi, conduttori inadatti.
E la delusione finale di veder precipitare nel baratro del dejà vu anche un professionista come Carlo Conti con I migliori anni.
E’ davvero troppo per il telespettatore. Perciò, su tutto il resto dell’intrattenimento made in viale Mazzini, non osiamo parlare.