Lo speciale è stato girato lo scorso giugno 2016. Le telecamere sono entrate per la prima volta dopo 30 anni di nuovo nello stabilimento di Taranto per mostrare al grande pubblico televisivo come si svolge una normale giornata di lavoro.
Lo stabilimento dell’Ilva è uno degli ultimi esempi di gigantismo industriale non solo a livello nazionale. Inoltre, l’importanza del docufilm risiede nella constatazione che viene raccontata nelle sue dimensioni assolutamente reali la storia dell’Ilva con l’ausilio delle nuove tecnologie.
Infatti sono stati utilizzati anche droni di ultima generazione che vengono addirittura fatti arrampicare sugli impianti, intorno agli altoforni alti anche più di cento metri e sui camini alti oltre 200 metri.Insomma una documentazione nei minimi particolari per un impianto che produce acciao in una catena di montaggio senza interruzione.
Come abbiamo anticipato lo scopo del documentario è di seguire da vicino la giornata in fabbrica a ciclo integrato attivo 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno ininterrottamente. La lavorazione che vedremo è fatta di tre turni. Il primo va dalle 7:00 alle 15:00, il secondo dalle 15:00 alle 23:00, il terzo dalle 23:00 alle 6:00.
Ma accanto al lato professionale e tecnico i telespettatori troveranno anche l’aspetto umano.
Infatti vengono introdotte anche le storie personali di 4 lavoratori del settore. Ognuno racconterà la propria esperienza nell’ambito della dell’impianto dove lavorano. Uno è impegnato dell’altoforno, due operai sono invece addetti alle acciaierie e un altro al treno nastri.
Attraverso la vivavoce dei quattro dipendenti ascolteremo come si svolge una giornata a seconda dei turni che vengono assegnati. Ma oltre alla presenza dei dipendenti ci sarà anche un dirigente del siderurgico che parlerà della sua esperienza e del suo rapporto con gli operai. Viene presentato come una specie di tutorial nella complessa e Infinita dinamica della produzione dell’acciaio.
Il documentario nasce da un’idea di Angelo Mellone che ne ha curato la realizzazione insieme a Pietro Raschillà. La regia è di Gianmarco Mori.