È rientrata da poco, le è capitato di seguire la trasmissione durante la sostituzione?
Sono sincera, ho avuto pochissimo tempo poiché mio figlio Roberto Leone è nato a marzo ed essendo il programma in diretta, il venerdì sera riuscivo a seguire ben poco. Ho recuperato qualche puntata successivamente, ma so che Elena (Tambini, nda) ha fatto un ottimo lavoro.
Lei è a Quarto Grado da anni, quanto l’ha cambiata quest’esperienza?
È stata ed è un’esperienza molto bella e stimolante, anche perché mi ha mutata nella sensibilità. Quando si trattano storie di dolore, bisogna essere il più possibile in empatia con i nostri interlocutori. Tante volte ci si trova a rapportarsi con familiari che chiedono verità e giustizia, mamme che hanno perso figli in situazioni poco chiare: drammi che colpiscono profondamente e impongono una maggiore sensibilità. D’altra parte, il nostro lavoro è all’insegna del rigore, infatti il punto di partenza sono i documenti e, quindi, l’oggettività. La nostra curatrice Siria Magri ci ha sempre insegnato che non dobbiamo sostituirci agli inquirenti perché non è il nostro lavoro. Ma desideriamo dare il nostro contributo come giornalisti riflettendo sui documenti d’inchiesta. A questo devo aggiungere che, con il lavoro a Quarto Grado, ho imparato a lasciare sempre aperta la porta del dubbio, tanto più che trattiamo dei gialli.
Come si fa a non farsi risucchiare mantenendo l’aplomb?
Fa parte di questo mestiere, non sarebbe giusto farsi travolgere né per se stessi, né per chi ci ascolta, non si farebbe un buon servizio. Ovviamente è impossibile non essere toccati da queste storie, ma bisogna mantenere professionalità e rigore.
Qual è il limite oltre cui non bisogna spingersi giornalisticamente parlando?
Quello del voyeurismo. Partiamo dal fatto che siamo giornalisti per cui le notizie dobbiamo darle. Ma bisogna gestirle con tutta la delicatezza del caso.
C’è una storia che l’ha colpita su tutte?
Più di una. Sicuramente la tragedia di Yara Gambirasio. Ho iniziato a seguire la vicenda da inviata per il Tg4 quando lei è scomparsa. Per Quarto Grado abbiamo raccontato l’arresto di Bossetti e le fasi del processo. Tra l’altro è un caso che non ha precedenti sul piano giudiziario e scientifico. Un’altra vicenda che sento molto vicina è quella di Chiara Pioggi. Ho conosciuto sua madre Rita con cui ho instaurato un rapporto di stima: capita quando si incontrano persone sensibili e sobrie nel dolore. In generale, però, ogni vicenda ha un aspetto che ci segna. Mi ha colpito anche la storia di Elena Ceste: dalla ricerca del corpo al tragico epilogo. Questo lavoro fa scoprire infiniti aspetti dell’essere umano nel bene e nel male.
Scoprire e addentrarsi in tali aspetti dell’essere umano l’ha cambiata nell’approccio verso la realtà? Magari una reazione spontanea potrebbe essere chiudersi in difensiva…
Il rischio sarebbe andare anche troppo sulla difensiva. Forse per reazione contraria, potrei dire che siamo molto rigorosi nella realizzazione della trasmissione, ma ci piace anche celebrare la vita. Lo facciamo con la consapevolezza di formare una squadra di grande valore. Anche le campagne che lanciamo (quest’anno #abbracciami, nda) dimostrano questo slancio verso la vita. Dopo aver parlato di storie dolorose, vogliamo innalzare un inno ai rapporti belli e sinceri, lanciando così un messaggio sul finale.
A proposito, oltre Siria Magri, il caporedattore centrale è Rosa Teruzzi. Siete una redazione con una fortissima componente femminile, quanto influisce sul lavoro di gruppo?
Secondo me, le donne, quando si tratta di cronaca, hanno una sensibilità particolare. Sanno trovare le notizie, riportarle, ma anche avere un rapporto più umano sia con chi ascolta che coi protagonisti. Affermo ciò, senza nulla togliere ai colleghi maschi, ci completiamo a vicenda.
Con quali modalità preparate una puntata?
La primissima riunione avviene dopo la diretta, ci ritroviamo nei corridoi degli studi o fuori se il tempo lo permette, ci scambiamo le impressioni a caldo e già emergono i primi spunti per quella successiva. Siria stila subito un piccolo elenco anche su ciò che è migliorabile così da iniziare a lavorarci su. Ci tengo a sottolineare che stiamo parlando di una trasmissione che prevede tre ore e mezza di diretta. Lei è come se fosse un direttore d’orchestra, ci coordina benissimo e in modo armonico sia durante la preparazione che quando siamo in onda. Il sabato continuano le telefonate tra tutta la squadra e il lunedì avviene la riunione ufficiale in cui mettiamo sul tavolo i casi della settimana decidendo quelli che tratteremo. Spesso e volentieri capita che il giovedì arriva una notizia per cui dobbiamo ribaltare tutto. È il rischio e il bello di questa professione.
Il venerdì è serata d’intrattenimento sulle altre reti. Quanto vi condiziona avere una concorrenza del genere?
Noi cerchiamo di realizzare il nostro lavoro a prescindere, chiaramente la controprogrammazione è uno stimolo in più a fare sempre meglio.
Quanto è determinante l’aspetto social per questo programma?
Noi cerchiamo di instaurare un dialogo con chi ci ascolta e abbiamo i quartograders che ci seguono fedelmente. Capita che arrivino delle segnalazioni dal web, ma vanno sempre filtrate e verificate perché a volte ci si nasconde dietro l’anonimato.
Ora lei è mamma: si è chiesta come si potrebbe raccontare la cronaca nera ai bambini?
Quarto grado non è una trasmissione per piccoli sebbene noi cerchiamo di essere molto attenti, magari inserendo storie più scabrose a tarda sera.
Sicuramente vanno fatti i conti con questa realtà, i nostri figli devono conoscerla. Ce lo insegnano anche gli psicologi quando devono ascoltare i minori come testimoni, ci sono strumenti appositi per parlargliene. Detto questo, preferirei che fossero raccontate fiabe il più a lungo possibile.
Quanto l’aiutano i suoi studi in Giurisprudenza nella gestione del programma?
Sono di supporto nella misura in cui parliamo di cronaca, usiamo quindi un linguaggio appropriato, addentrandoci anche nella struttura del nostro ordinamento giuridico. Bisogna essere molto precisi quando si trattano certi argomenti, per rispettare lo spirito del nostro lavoro e anche per evitare querele.
È sempre stata indirizzata verso il giornalismo di cronaca?
Me n’ero occupata nelle tv locali, arrivando a trattare anche un caso molto grosso. In quell’occasione feci un collegamento col Tg4 e questo è stato il mio contatto con Mediaset. Apprezzo la cronaca, ma in generale mi piace raccontare le storie secondo modalità che ho testato anche in altri settori, compresi i tg. Diventare giornalista era il mio sogno fin da piccola.
Ha avuto un modello a cui ispirarsi?
Mi piaceva molto Lilli Gruber. La vedevo come una donna determinata, emancipata, oltre che una bravissima giornalista.
Lei ha ricevuto dei riconoscimenti importanti, tra cui il Premio Biagio Agnes. L’hanno aiutata nel corso della carriera?
Un attestato di stima dall’esterno è fonte di soddisfazione e di sprone a migliorarsi sempre di più. Poi fa sempre piacere ai propri genitori.
Ci sono dei prossimi progetti a cui aspira?
Avendo appena ripreso con Quarto Grado, che è una sfida impegnativa, dedico al programma tutte le mie attenzioni, conciliando il mio ruolo di conduttrice con quello di mamma di un bimbo di pochi mesi.
Qual è l’aspetto di lei che vorrebbe comunicare ai telespettatori?
Mi piace molto il momento in cui arriva la notizia in diretta, a quel punto si rovescia la scaletta e si seguono tutti gli avvenimenti per cui direi senz’altro la capacità di raccontare live quanto sta avvenendo, adattandosi a ciò che si sta verificando in quell’hic et nunc. Tutto questo mette anche alla prova. Mi ricordo quando ci sono stati gli attentati al Bataclan, è stata una puntata drammatica, difficile, molto intensa: stavamo trattando ciò che stava accadendo in una realtà molto vicina a noi.