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A maggio 2016 scadrà la concessione del servizio pubblico da parte dello Stato alla Rai; nel frattempo dunque, se ne discute sia nella stessa azienda, che anche in ambito accademico. A tal proposito, Guglielmi è intervenuto al Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale dell’Università La Sapienza di Roma, dove si svolge il ciclo di seminari che si propone come “pallacorda della Rai“.
La Rai al momento non ha solo un problema di gestione, ma anche di legittimazione agli occhi dei cittadini, per i quali la tassa più odiata è molto probabilmente proprio il canone. Non solo, perché
Secondo Guglielmi, l’esigenza di comunicazione cresce, ma l’occupazione no, specie in riferimento al mezzo televisivo. La comunicazione dunque vivrebbe in una bolla da cui la Rai non è certo esente.
Prova a delineare un futuro assetto Carlo Rognoni (ex Presidente Forum riforma sistema radiotelevisivo Pd), secondo il quale cambiare la Rai è la partita più difficile per questo Parlamento. Nonostante le dichiarazioni d’intenti di Renzi infatti, il governo si regge su un patto con il centrodestra, cioè con Berlusconi, il proprietario dell’altro principale polo televisivo italiano.
Volendo proporre un nuovo servizio pubblico dunque, l’idea potrebbe essere quella di un modello duale tra gestione e controllo, cioè un Consiglio di gestione affiancato da uno di Sorveglianza che sostituiscano l’attuale Cda, il Consiglio di amministrazione. Si tratterebbe di due consigli che si occuperebbero solo di alcune attività, non del quotidiano dell’azienda, ma di scelte strategiche di medio e lungo periodo.
Rognoni inoltre indica una composizione di 21 membri che possano costituirli, di cui sette scelti dai presidenti di Camera e Senato.
Per Guglielmi invece, il problema vero, quello imprescindibile, è alla base: prima di pensare alla governance dell’azienda occorre accordarsi sul tipo di servizio pubblico che si vuole offrire ai cittadini. Per farlo però, è necessario individuare i limiti di quello attuale. In particolare uno: dipendente dai partiti com’è stata finora, l’azienda non ha sfruttato tutte le energie che avrebbe invece potuto utilizzare.
Il punto focale è quindi il sistema generale televisivo. Una volta sciolto questo nodo, la governance potrebbe essere appannaggio persino di sole tre persone: una che si occupi dell’industria Rai, una dell’aspetto culturale e un’ultima della componente lavorativa. Dirigenti che abbiano però un’idea generale dell’identità del Paese: le carenze attuali non si possono recuperare semplicemente aumentando canone e pubblicità.
Di fatto, le strategie che stanno cambiando il mezzo televisivo, al momento le stanno portando avanti Mediaset e Sky, non la Rai. Naturalmente, la digitalizzazione è un passo fondamentale di cui bisognerà tenere conto nella prossima concessione.
In un recente incontro, era stata invece Lucia Annunziata a ipotizzare un futuro scenario per la Rai.