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Breve anteprima con un riassunto di quanto accaduto nella puntata di ieri. Poi, un breve intervallo pubblicitario (l’unico della serata) che anticipa il lungo monologo dell’artista toscano.
La marcetta “Il partito del pinzimonio”, realizzata da Nicola Piovani, accompagna l’entrata in scena di Roberto Benigni. Il comico toscano ringrazia il pubblico per la grande audience registrata per la prima puntata, seguita da circa 10 milioni di spettatori. “Vorrei ringraziare tutti, uno per uno, vi invierei una torta o un mazzo di rose!” Ed ecco la prima stilettata a Renzi: “Magari vi regalerei anche 80 euro!“. E scherza ancora: “Forse ho esagerato, questa mattina una persona mi ha chiesto di confessarsi, un altro voleva darmi l’8 per mille!“
Si comincia con il quarto comandamento, “Onora il padre e la madre”, uno dei preferiti del comico toscano. Benigni specifica che questo è il primo comandamento orizzontale, cioè di quelli che regolano i rapporti fra gli esseri umani, ma allo stesso punto rappresenta il punto di incontro tra divino e umano. “Onora il padre e la madre significa in realtà onora la vita“, afferma. Si tratta del primo precetto divino che non prevede divieti, ma anzi, “una ricompensa”. Leggendolo tutto, infatti, l’attore mostra come la cura per i propri genitori comporti un premio da parte di Dio: “Se si onora il padre e la madre, Dio ci allunga la vita!” E specifica: “Onorare i propri genitori significa prendersi cura di loro, soprattutto quando sono anziani“.
Il quinto comandamento è “Non uccidere”. Due parole che fanno spavento, soltanto al pronunciarle. Il senso del comandamento per Benigni è chiaro: “Significa fai vivere la vita“. Il regista rivela che nessun codice, prima del decalogo divino, aveva previsto il divieto di uccidere il prossimo. Per questo le dieci regole dettate da Dio hanno una portata rivoluzionaria. La critica verso l’uomo che si macchia di un reato così grave è feroce. Prendendo spunto dall’episodio biblico di Caino che uccise il fratello Abele, dice: “Loro due non avevano mai parlato prima di quell’episodio. Oggi come allora si uccide soprattutto perchè tra le persone non c’è dialogo. L’assenza di parola è alla base di ogni forma dell’omicidio e di ogni forma di violenza”. Il discorso cade anche sulla pena di morte: “Non è mai stata introdotta per un senso di giustizia, ma per fini politici, economici e perchè nelle persone rimanesse sempre un fondo di crudeltà“.
Il sesto comandamento prescrive di “non commettere adulterio“. Subito un chiarimento: Benigni afferma che è bene distinguere da quanto a lungo la Chiesa Cattolica ha fatto credere e cioè il precetto prescrivesse di “non commettere atti impuri”, cosa non contemplata dalla Bibbia. La critica è nei confronti di una Chiesa secolarmente piuttosto bacchettona sull’argomento e che strutturava il precetto “in due parti: non commettere adulterio e restare casti di anima e corpo” E qui altra frecciata alla Chiesa moderna: “Un’ultima virtù, questa, che molti preti si tramandano di padre in figlio“. Un altro errore è che spesso parlando di atti impuri, si è spesso confuso il sesso con il peccato“. E invece il sesso è “il luogo della creazione, è la cosa che più ci avvicina a Dio, pensate al Cantico dei Cantici!”. Anche questo comandamento è rivoluzionario: “Sull’adulterio non c’era mai nessuna legge. Dio ha voluto regolamentare la famiglia, la coppia e il matrimonio.” Il senso ultimo di questo comandamento è proteggere l’amore ed in particolare la fedeltà.
Settimo comandamento, “Non rubare”. Benigni dice che “è stato pensato direttamente per noi italiani, un comandamento ad personam“. In origine, dice, esso si riferiva al furto delle persone, al sequestro. Per questo “segna un passo importante per l’evoluzione della storia dell’uomo“, nato con l’intento di eliminare la schiavitù. Eppure, riflettendo sulla storia attuale, la schiavitù esiste ancora, sotto varie forme, verso le quali Benigni è molto duro: il lavoro nero, le donne vendute per farle prostituire. Il regista riflette poi sul concetto di furto, un'”offesa a Dio” e sull’ abbrutimento nel quale si è caduti dal punto di vista sociale e politico: “Rubare è diventato ormai normale, anzi certe volte c’è stima verso il ladro, chi ruba non si vergogna più! Vendere la propria anima, farsi comprare è una lordura! Oggi anche negli affari, nella finanza la regola è: fai agli altri ciò che non vuoi che venga fatto a te!” . Le forme di furto per Benigni sono tante: l’evasione fiscale, l’eccessiva tassazione da parte dello Stato, l’abusivismo. Soprattutto, la forma più grave di furto che rovina l’anima è quando si nega ad una persona di lavorare, perchè in questo modo “non è libera di vivere“.
“Non dire falsa testimonianza” è l’ottavo comandamento. Roberto Benigni sottolinea come esso sia cruciale e come esso sia indissolubilmente legato al tema della giustizia. “Con una calunnia si può uccidere una persona“, dice. Questo precetto dimostra come la parola possa riuscire, nella sua semplicità e allo stesso tempo il suo peso, a distruggere il prossimo. Benigni centra poi la sua riflessione sul concetto della verità: “Dobbiamo cercarla, trovarla e l’unico modo per trovarla è dirla. Così si diventa veri e belli“. Spesso la verità però è celata da chi detiene il potere, che ha paura di farla venire fuori. Ed è un peccato, perchè “essa è grandiosa, crea fiducia“.
Il nono comandamento è “non desiderare la donna d’altri”. Inizialmente esso era unito all’ultimo comandamento, “non desiderare la roba d’altri”. Anche in questo caso Benigni ci tiene a fare un distinguo. Leggendo il testo, lo showman toscano chiarisce che non è proibito guardare la donna di un altro, il comandamento non prescrive “un divieto ad una reazione spontanea davanti alla bellezza“. Quello che il precetto vieta è di elaborare una strategia, che non badi ad alcuna legge morale, mirante a conquistare e ad impossessarsi della donna di un altro, con la quale è unita in matrimonio.
Ed eccoci all’ultimo comandamento dettato da Dio, “non desiderare la roba d’altri”. Roberto Benigni dice che questo è il comandamento che dimostra come il desiderio, tendenza umana naturale, venga stravolto “dalla bramosia, dall’invidia, dalla concupiscenza”. La violazione di questo precetto rappresenta la negazione di tutto il senso della Bibbia, rappresenta soprattutto il ritorno alla schiavitù, che l’ottavo comandamento vuole eliminare. Violando questo precetto, l’uomo si annulla e finisce per perdere quella unicità che lo contraddistingue.
La riflessione sui 10 comandamenti è finita, ma Benigni vuole concentrare la sua attenzione su quello che è stato il precetto preferito da Gesù, “ama il prossimo tuo come te stesso“. Roberto Benigni rivela come a questo punto i libri sacri, la Bibbia rappresentano un commento a questo precetto che Gesù ha voluto condividere con il mondo. Attraverso le parole di Gesù, il premio Oscar ribadisce il bisogno e la necessità dell’amore: “Affrettiamoci ad amare, amiamo sempre troppo poco e troppo tardi. Non esiste un emozione più grande che la nostra vita dipende da un’altra persona. L’amore combacia con il significato di tutte le cose: la felicità, Cercatela continuamente, ora, sempre, tutti i giorni. E conclude con una poesia di Whitman, nella quale rinnova l’invito ad apprezzare il creato, tutto ciò che ci circonda, perchè “è bene ogni tanto, inginocchiarsi davanti al mondo, all’esistenza”.
Si conclude qui l’appuntamento con “I dieci comandamenti”. Due ore di intenso e commovente monologo da parte di un Benigni a dir poco superlativo.