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Saverio Raimondo apre il monologo iniziale occupandosi dell’articolo dell’Avvenire dedicato al Dopo Festival, ritenuto dalla testata cattolica pieno di insulti, volgarità e siti porno: praticamente, all’Avvenire hanno scoperto il web. Si passa poi alla vittoria de Il Volo: si sapeva da martedì che avrebbero vinto, che lo hanno fatto a fare il Festival? Segue poi la classifica dei cinque momenti più twittati, con in testa proprio la premiazione.
Sapevamo già chi si sarebbe aggudicato il primo posto, dunque la domanda da porsi è la seguente: quale scopo ha avuto questa 65esima edizione del Festival? Ebbene: non lasciare solo Magalli. Anche lui è della stessa opinione degli altri: potevamo andare a dormire alle nove di sera. Evviva i Festival brutti di una volta, che almeno davano spunti per commentare.
In studio c’è la Pfm. Ma Stefano Andreoli interrompe la Nobile per dare la linea alla sala stampa, dove sta entrando Carlo Conti: sul video scorrono le immagini dell’ovazione delle truppe in piazza al dittatore coreano Kim Yong-un. I membri della Pfm raccontano di aver pensato di andare all’estero, ma di aver poi rinunciato a causa di un amore particolare verso l’Italia. Per quanto riguarda i vinitori, con molto garbo, i tre della Pfm fanno capire di trovarli piuttosto vecchi a discapito della giovane età.
Questa sera i Nirkiop sono collegati via Skype per lanciare l’ultimo episodio della loro serie “antropologica” Gente che guarda Sanremo. Pure loro, guardacaso, sapevano già che avrebbero vinto i tre de Il Volo. Andreoli riferisce i commenti della community di Spinoza.it: la finale ha convinto anche gli italiani all’estero; a non tornare più, però.
Un breve excursus sulla provenienza dei tweet sanremesi, e Raimondo si scusa con la Giacomotti per quanto avvenuto ieri. Le offre un mazzo di fiori: sa dove metterseli. La docente commenta alcuni look: Bianca Atzei si può permettere le trasparenze perché minuta, Irene Grandi non tradisce il suo stile sul palco dell’Ariston, Nina Zilli si veste con abiti che somigliano più a costumi, ma può perché un’artista non deve presentarsi con addosso un vestito che potrebbe avere chiunque. Menzione infine per l’ironia con cui Malyka Ayane ha esibito l’apparecchio.
Arriva pure il trombonista dell’orchestra, che ha suonato pochissime note. Non a caso, nel brano che ha vinto, del trombone non vi è traccia.
Gli ospiti attesi in studio non arrivano, perciò Andreoli continua a leggere i commenti di Spinoza.it: pare che sul foglio consegnato a Carlo Conti ci fosse scritto che tutte le canzoni “facevano cagare”. Infine, i ringraziamenti di rito. Con un significativo colpo di scena finale: molti utenti hanno lamentato che il DopoFestival fosse solo on line, auspicando andasse in onda in tv. I due conduttori invece, preferiscono la libertà della rete. Davvero li vogliamo vedere in tv? Basta spostarsi di pochi passi, oltrepassare una tenda, o meglio “l’imene che separa il web dalla tv”, e ci si trova nello stanzino da cui gli ospiti si collegano con Marzullo. Un angolo vuoto senza band, interazione: questa è la tv. Siamo ancora sicuri che sia meglio dello streaming? I due conduttori si siedono, in attesa che avvenga qualcosa, Raimondo chiosa: “Che senso di morte”. Lo schermo diventa nero: il DopoFestival si conclude qui, rivendicando l’autonomia della rete e la dignità del web, da non considerare un “mezzo minore”.