{module Banner sotto articoli}
Milano non è infatti solo cotoletta, risotto giallo (allo zafferano, ndr) e ossobuco. Milano, metropoli multietnica e multiculturale, città della moda e fucina dei nuovi trend, è così ‘oltre’ da essere addirittura ‘post’: post tradizione, post aperitivi, addirittura post etnica.
E così questa sera si sfidano, all’ombra della Madonnina, quattro chef di altrettanti ‘fornelli meneghini’ che hanno deciso di rivisitare i loro piatti etnici per creare un luogo alquanto originale e guadagnarsi il titolo di ‘Miglior ristorante Post Etnico’: ecco dunque, a confronto, la cucina giapponese dall’anima carioca del Bomaki, la tradizione della trattoria Il pasto giusto, con i suoi 50 diversi tipi di gnocchi, la rivisitazione in salsa mediterranea del fushion nordico-orientale dello Smooshi e i piatti israeliani del The Boidem.
A poche ore dalla messa in onda del programma culinario di cui sono protagonisti, abbiamo interpellato i cooking manager dei quattro ristoranti in gara: tutti si sono detti “piacevolmente colpiti dalla gentilezza di Alessandro Borghese” e soprattutto “molto curiosi” di rivedersi in tv.
Antonio Pompeo, titolare dello Smooshi, locale situato nel cuore della movida dell’Arco della Pace, ci parla di “un’esperienza davvero bella, grazie anche e soprattutto alla simpatia, alla socievolezza e alla disponibilità di Alessandro”, che ha saputo dare “preziosi consigli” con i suoi interventi e i suoi appunti.
Altrettanto piacevolmente colpito è Marco Zaki, direttore del Bomaki, che ha “imparato molto da questa esperienza. “Lo chef ci ha aperto gli occhi su alcuni aspetti della nostra attività e su elementi riguardanti il nostro ristorante. Ne faremo tesoro”, garantisce, mentre di corsa torna ad occuparsi dei suoi clienti.
Chi attende trepidante le critiche del giudice è l’israeliano Talor Noam, responsabile del The Boidem, nato solo dieci mesi fa dalla grande passione culinaria del suo titolare. Inizialmente “preoccupatissimo” per la sua prima volta “davanti a una telecamera, un po’ anche per la questione della lingua”, alla fine valuta l’avventura televisiva “positiva e importante. Sono stato anche giudice degli altri tre nostri avversari”, sorride, mentre ci racconta di come abbia creato il suo ripostiglio (è questo il significato dell’insegna) vintage grazie ad “arredamenti anni ’50 e ad oggetti di ‘recupero’: abbiamo cercato di creare un angolino vecchio stile, un piccolo ripostiglio insomma”, dichiara con soddisfazione.
“Oltre a quanto scelto dai giudici sul menu, ho portato in tavola anche il mio piatto forte, lo gnocco allo zafferano e speck”, sottolinea con un certo compiacimento Aly Mohamed, orgoglioso proprietario della gnoccheria Il pasto giusto: “Dirigo questo piccolissimo posto da 25 anni e lo faccio con grandissima passione. Amo cucinare e amo la cucina italiana, con le sue tradizioni e i suoi prodotti tipici. Cucino con il cuore. Il papa un giorno ha detto che chi lavora con le mani è un muratore, con la mano e la testa è un artigiano, chi con la mano, la testa e il cuore un artista. Io cucino con tutti e tre, ma non mi sento un artista. Sono solo un umile uomo che lavora con sudore e fatica e che è tanto fortunato perché fa quello che ama”.
Chi vincerà la prima sfida? La parola ai giudici e ai fornelli.
Qui le nostre anticipazioni sul programma.
.