{module Banner sotto articoli}
Come è cambiato il suo ispettore Monterosso negli anni?
Sono sempre il braccio destro del commissario, quindi il coprotagonista, ma negli anni ho avuto più a che fare con il cane. In realtà poi, da quando è iniziata la serie si sono succeduti tre cani: per me questa è la quinta stagione, e sono l’unico ad aver girato tanti sequel.
Il mio ispettore è evoluto perché, restando in una serie così a lungo, ti impossessi del personaggio: lo conosci a memoria, ne conosci gli autori, anche se a volte cambiano, ed è l’attore che, sul lungo periodo, alla fine gli dà l’identità. È come se, in un certo senso, ne fossi tu stesso l’autore. Io ho puntato sull’umanità e sulla “linea comedy”: Monterosso deve creare occasioni di ilarità.
L’evoluzione comunque dipende anche dal rapporto che si instaura col partner sul set, e io con Francesco Arca mi trovo in estrema sintonia; ci divertiamo molto.
In questa stagione i Manetti Bros sono anche autori: come cambia la regia quando chi dirige è anche autore?
Il bello di avere registi autori, è che sono autori anche sul set, perciò creano continuamente. Lavorano a nuove idee anche insieme agli attori, mentre stanno girando: in questa serie i Manetti si sono divertiti a creare situazioni che non erano scritte.
Quindi, se si girasse una nuova serie di Rex, lei accetterebbe subito?
Io mi sono trovato bene, e spero di lavorare ancora con loro. Bisogna vedere se ci sarà un’altra serie di Rex: dipenderà dagli ascolti, dalla Rai, dalla Germania. Noi attori siamo gli ultimi a sapere. Però certo, mi piacerebbe molto tornare sul set con i Manetti, sia per Rex che per altri progetti.
Lei ha lavorato anche in produzioni cinematografiche: che differenza c’è tra girare per il cinema e girare per la tv in Italia?
La fiction italiana ha sempre meno budget, ed è diventata industriale. I ritmi sono ossessivi: o sei sul set, ti concentri al massimo e studi tantissimo, altrimenti non riesci ad andare fino in fondo. Ti costringe a cambiare vita, ti svegli alle cinque e mezza del mattino: prima c’era più calma e spensieratezza. Inoltre nella fiction i personaggi non subiscono grandi cambiamenti: sono sempre quelli e ripetono continuamente gli stessi schemi. In un film invece, il personaggio subisce sempre un cambiamento, sia per quanto riguarda i protagonisti che i co-protagonisti.
Il cinema si dovrebbe giurare con più calma, perché dovrebbe essere una forma d’arte. Anche se ovviamente dipende dal tipo di cinema: le commedie che vanno ora per la maggiore hanno un ritmo che si avvicina alla fiction, anche se c’è modo di approfondire un po’ di più i personaggi.
Lei ha detto che il cinema è una forma d’arte, la fiction no?
La fiction è una produzione più industriale, serve più a fare intrattenimento. Poi ci sono fiction che diventano forme d’arte…penso ad esempio a La meglio gioventù, oppure Il commissario Montalbano. Ma i tempi della fiction, in generale, non ti permettono di studiare un’inquadratura particolare o di ripetere molte volte una scena: i tagli ai budget hanno avuto forti ripercussioni.
Montalbano a parte, qual è una fiction “bella”?
Con molta obiettività, direi Rex . Oppure una serie a cui ho partecipato anni fa, Ultimo. Tra le recenti, a me piace molto Braccialetti Rossi, che riesce a parlare di malattie tremende e del dolore con grazia.
Una fiction poco riuscita invece?
Ce ne sono parecchie, ma ora non ricordo, perché io mi focalizzo semore sul bello. A ogni professionista capita un progetto “sbagliato”.
Nel 2013 lei è stato diretto da Ridley Scott in The Portrait: quali differenze ha notato rispetto al cinema di casa nostra?
Sono stati i giorni in assoluto più belli della mia vita professionale: dopo l’ultimo ciak, mi sono commosso alle lacrime.
Nei film americani non girano sempre gli stessi attori come nel cinema italiano: si sceglie l’attore adatto per quel ruolo. Michael Keaton ad esempio, è stato ripescato da Inarritu dopo anni in cui lavorava a teatro: scegliere l’attore giusto dà grande qualità al cinema, che è un cinema di idee. A cui si affiancano tanti blockbuster naturalmente, ma senza precludere spazio ad un cinema diverso.
Qui l’intervista ai manetti Bros.
Io spero che la regia del prossimo REX non sia affidata ai Manetti Bros. Il loro stile ha cambiato eccessivamente quello della serie, ora diventata cupa, cruenta e anche un po’ involgarita, stile “Coliandro”.
Anche il personaggio dell’Ispettore Monterosso Ռ cambiato in peggio. In questa nuova serie, almeno per adesso, sono pochissime le scene in cui l_??ispettore lavora fianco a fianco con Terzani e Rex (come invece accadeva in precedenza) e troppo spesso il suo personaggio viene collegato al cibo: o mangia o dice che vuole farlo o porta del cibo.
Domenico Fortunato Ռ un attore di grandissimo livello e trovo una pessima cosa questo cambio di rotta!