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A quell’ora sir Antonio Pappano comparirà sugli schermi della Musica di RaiTre in un concerto che diresse per l’Accademia di S.Cecilia nel 2012, la cui regìa televisiva porta la firma di Andrea Bevilacqua.
L’inizio è riservato a Gioacchino Rossini, all’ouverture de “La Scala di seta”(1812), farsa giovanile in un atto, peraltro scritta con altre quattro per il Teatro S.Moisè di Venezia, in un momento felice in cui il compositore, ventenne, aveva molti incarichi e commissioni. Nonostante l’esile ma molto settecentesca drammaturgia, tutta stereotipi amorosi tipici dell’amato teatro contemporaneo veneziano, la farsa finì poi per uscire dai repertori, dove tornò solo nel dopoguerra, al Rossini Opera Festival del 1988, con la stupenda belcantista Cecilia Bartoli nel ruolo principale.
La parte musicale che però non uscì mai dai repertori ed è stata sempre oggetto di scelte concertistiche, fu l’ouverture, gioiosa, brillante, della quale il M°Pappano evidenzia i salti e gli scarti improvvisi dei timbri e degli umori – anche con una toccante melodia dell’oboe – insomma il lieto e sfaccettato scorrere musicale dell’opera buffa settecentesca. Segue, in questo riuscito concerto, la “Sinfonia concertante in si bemolle maggiore Hob 1 n.195” (1792) di Joseph Haydn, per orchestra d’archi e quattro strumenti solisti, violino, violoncello, oboe, fagotto.
Fu composta nei due periodi di Londra – dove Haydn fu chiamato da Peter Salomon, violinista di successo attivissimo nell’organizzazione dei concerti – nel 1791-92 e 1794-95: forse i periodi più fortunati della sua carriera, per cui le 12 sue Sinfonie quivi composte, le più perfette e mature, furono dette appunto ‘londinesi’.
Tra esse, la predetta “Sinfonia concertante”, primo avvio del passaggio dal secentesco Concerto grosso – gloria di Corelli ed Händel – alla forma sinfonica del concerto. Nel primo infatti, gli strumenti solisti – in genere uno o due violini o talora dei fiati – si opponevano all’orchestra d’archi ponendo in rilievo la loro individualità timbrica.
Nella Sinfonia concertante invece i quattro strumenti, pur ben diversi fra loro, entrano ed escono dalla massa orchestrale, favorendo una tessitura coesa e al tempo stesso frastagliata negli effetti coloristici, timbrici. E’ un processo maturato negli ambienti musicali del centro tedesco di Mannheim: celebre a suo tempo, vi si immerse anche Mozart ragazzo, quando intraprese il viaggio di studio alla volta di Roma, di Parigi e della Germania.
La Sinfonia concertante, comunque, nonostante la struttura mobilissima e dinamica, presenta una straordinaria misura proporzionale nelle presenze e negli intervalli strumentali, ponendosi come uno degli esempi più luminosi del classicismo viennese. Il Maestro Pappamo è a suo perfetto agio nelle coloriture offerte dagli intarsi timbrici, cui dà il più bel risalto che sia possibile immaginare.
Qui un altro appuntamento con La musica di Rai3.