{module Banner sotto articoli}
Ci dà qualche anticipazione del suo nuovo programma, CCN-Comedy Central News?
CCN non è un talk perché non ci sono gli ospiti e non è la parodia di un tg, nonostante giochi anche con il mondo delle news: è invece una striscia quotidiana ispirata ai night show satirici americani. Attenzione: non ai late show in generale, ad esempio quello di Letterman, che sono più di intrattenimento, ma a quelli satirici. I modelli di riferimento di CCN sono infatti John Oliver, John Stewart, Stephen Colbert.
Ci spiega cosa intende quando dice che “giocherà” con il mondo delle news?
Non m’interessa l’attualità come contingenza: io non tratto la notizia dell’ultimo minuto, ma le grandi tematiche, quali ad esempio immigrazione e cambiamenti climatici. È come se il programma fosse un grande ipertesto satirico con mille finestre e divagazioni che vanno dall’editoriale satirico alla parodia, dalla provocazione al demenziale.
Lo faccio in 10 minuti, e in questo concentrato di 10 minuti succede un po’ di tutto: una durata questa che costituisce una novità anche per il genere, visto che i programmi cui si ispira durano almeno 20 minuti.
Mi risulta che avrà un corrispondente gay…
Immagino tu intenda Simone Salis, ma non è il nostro corrispondente gay: è semplicemente il nostro corrispondente, nel senso che è il nostro inviato e noi lo mandiamo o-vun-que. Persino in località extraterrestri.
Ora, Simone Salis ha una sessualità perciò noi, così come giochiamo con qualunque cosa, lo facciamo anche con la sua sessualità. Ma il suo personaggio non è connotato come corrispondente gay.
Il dibattito su coppie gay e omogenitorialità è piuttosto caldo in questi giorni. Non ritiene che il suo umorismo possa essere ritenuto inopportuno?
Ripeto: in questo caso, l’orientamento sessuale non è caratterizzazione principale, ma solo una delle componenti. In generale comunque, ritengo che si possa fare satira su tutto. Nella prima puntata ad esempio, ci occuperemo di immigrazione, che sotto certi aspetti è un tema tragico: fare umorismo su un argomento non significa svilirlo o mancargli di rispetto. Vuol dire parlarne con un linguaggio che non va interpretato letteralmente.
Lei ha condotto il Dopofestival, perciò ci aspettavamo di ritrovarla con un nuovo progetto in Rai…
Per la Rai, beh, potrei dire che ci stiamo lavorando. Ci sono delle mie proposte, vedremo cosa ne verrà fuori.
Per ora comunque, sono felicissimo di questa occasione a Comedy Central: si tratta della rete che in America trasmette John Stewart, Stephen Colbert; per me è il coronamento di un sogno.
A proposito di Rai, lei lo scorso anno ha condotto Stand Up su Radio 2. Ci sarà una seconda edizione?
No, ma mi è arrivata una proposta da Radio2, e la sto valutando.
Giulia Innocenzi l’ha annunciata nella conferenza stampa di Announo, ma finora non l’abbiamo mai vista. La sua partecipazione è forse sfumata?
C’è un’ultima puntata, no? Io sono un ottimo finale!
In una precedente intervista, risalente a circa due anni fa, lei ci aveva detto che in Italia non si producono programmi satirici: la situazione è cambiata?
Qualcosa si sta iniziando a fare: la proposta editoriale di Comedy Central dell’ultimo anno per esempio, con Stand Up Comedy prima e ora CCN, è molto interessante. Sono poche, ma alcune novità si iniziano a vedere.
In questo senso, il dibattito creatosi dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo ha forse contribuito a una maggiore sensibilità sull’argomento?
Direi che non è cambiato molto. Semplicemente, è successo quello che è successo, e la parola “satira” è stata usata un po’ più del solito. Ma nel giro di qualche settimana è tutto rientrato nella “normalità”: abbiamo assistito a una fiera ipocrita di chi si è improvvisamente scoperto paladino della satira, poi tutto è rientrato nei ranghi. Non è cambiato assolutamente nulla.
Noioso, irritante. Non fa ridere.