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L’Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala e l’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala, diretti con sapienza e lucentezza di timbri da Marco Armiliato, occupando una piazza Duomo vestita a festa (anche se una festa marcatamente e sublimemente tecnologica), raccoglievano nel loro grembo i divi del momento: Andrea Bocelli che ha snobbato il nero da sera con un’azzurra passamaneria sulla camicia, Diana Damrau reginetta della serata, il tenore Francesco Meli, il baritono Simone Piàzzola, l’altro soprano Maria Luigia Borsi e Lang Lang. Forse non si giustificava molto la scelta di un pianista cinese fra i tanti ed eccelsi italiani (ha vinto in realtà la cassetta, che un tale vip riempie abbondantemente in questo momento): ma ci ha pensato lui, questo trentatreenne carico di giovinezza e di gioia di vivere, a colmare le distanze: nel migliore e nel più inatteso dei modi. Intanto il concerto si apriva alternando parti musicali con la descrizione di molti dei Padiglioni dell’Expo, che da questa mattina saranno visitabili, spazi veramente stellari per l’ampiezza, l’inventiva architettonica e scenografica, la varietà in cui il tema dell’alimentazione mondiale ecosostenibile veniva declinato. E la musica era tutta italiana: a partire dal bellissimo preludio dell’ “Attila” di Giuseppe Verdi. Poi un emozionato – proprio nelle tremanti emissioni vocali – Andrea Bocelli ha intonato, con la Damrau, “Brindiam nei lieti calici” dalla ‘Traviata’ verdiana, e via via l’elettrizzante “Trovatore”, “E lucean le stelle” cantata dal Meli dalla ‘Tosca’ di Puccini, fino alla “Fedora” di Giordano.
La scelta delle opere ha seguito i criterio della notorietà. Infatti tutte le arie, i duetti e il terzetto presente nel Trovatore sono molto conosciuti dalla vasta platea televisiva e più in generale dal pubblico. Solo il preludio dell’Attila di Verdi, era meno noto. Inoltre, ci si è orientati soprattutto su repertorio lirico del pieno Ottocento, fino all’ultimo Puccini, senza includere le opere del tardo Settecento e del Novecento contemporaneo. I soprani presenti, infatti, erano cantanti lirici drammatici. Bellissimo, inoltre, il terzetto del Trovatore.
A questo punto entra in scena Lang Lang, introdotto da Bocelli che lo presenta come “acrobata del pianoforte”, ed è subito sorpresa. I due si mettono improvvisamente ad eseguire la Tarantella napoletana di Rossini intitolata “La danza”: “Già la luna in mezzo al mare, mamma mia si salterà…”. Le dita agili di Lang Lang traggono dal pianoforte suoni acuti e scintillanti, carichi di infrenabile frenesia giovanile: tutta la solarità mediterranea si espande sul palco ed il cinese non è più cinese, si è italianizzato, è uno di noi. Ecco arrivare poi la “Marcia Turca” di Mozart per pianoforte: l’Oriente di maniera, in voga a fine Settecento in tutta l’Europa, diventa un gioco entusiasmante, trascinante. Le dita di Lang Lang non si arrestano, moltiplicano i ‘da capo’ della partitura, velocizzano il ritmo e gli arpeggi, giungendo all’ebbrezza di un vorticoso giro di giostra, visto dagli occhi di un fanciullo. Anche più avanti, quando echeggia il “Nessun dorma” dalla ‘Turandot’ di Puccini, gloria di Pavarotti ed ora intonato da Bocelli, Lang Lang accompagna all’inizio l’Orchestra, con poche note limpide come quelle di un flauto, entrando in modo straordinariamente naturale nele melodie e nell’Orchestra: ed ancora alla fine della serata, nella canzone “O’ sole mio” cantata da tutti i presenti, le note di Lang Lang entrano sorprendentemente nel tutto, e lui è uno fra noi, con quella che non può chiamarsi altro che ‘genialità’.
Qui la diretta della serata.