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Invece il period drama presentato ieri al RomaFilmFest dopo essere stato trasmesso a settembre dalla BBC (il 18 novembre lo vedremo in prima serata su LaEffe, canale 50) convince proprio per la scelta di ammorbidire la scabrosità delle situazioni. Jed Mercurio, il regista, deve aver fatto questo ragionamento: le scene di sesso, che negli anni Trenta del secolo scorso erano giudicate clamorose e che servivano a Lawrence per rafforzare l’impatto provocatorio del romanzo, oggi sono pane quotidiano sui media. Dunque, armi inoffensive. Meglio puntare sulla introspezione dei personaggi, sulle loro indecisioni, sulla contrapposizione tra le classi, vero nocciolo del romanzo: Lady Chatterley, che resta incinta non del marito reso impotente da una ferita di guerra ma di un guardacaccia, non è condannabile – da parte del proprio milieu sociale – per il tradimento, quanto per il fatto che abbia intrecciato la liaison con un personaggio di tanto infimo di censo. Anzi, neanche personaggio, a sentire suo marito, sir Clifford Chatterley, abituato a considerare la servitù come un gruppo di oggetti più che di individui.
E però Mercurio qualcosa aggiunge, al romanzo. L’incipit del film per esempio, che ci mostra un incidente nella miniera del nobiluomo nel quale lavora, prima di essere chiamato al fronte della Prima Guerra Mondiale, proprio Mellors. E dove muore un altro minatore, marito di una serva in casa Chatterley, Ivy Bolton. Che così diventa personaggio-chiave nello sviluppo drammatico del plot. Sarà lei a rivelare sir Clifford, in odio al padrone della miniera che l’ha privata del coniuge, la tresca con il guardacaccia. Salvo poi inspiegabilmente pentirsi subito dopo nel faccia a faccia con Constance. Un’ingenuità della sceneggiatura, così come resta irrisolta la figura della prima moglie di Mellors, che costui, al ritorno dalla guerra, trova legata ad un altro ma dalla quale non si sa se abbia poi divorziato.
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Certo, nel dover ridurre le 400 pagine del romanzo a 90 minuti di pellicola, Mercurio ha avuto la necessità di condensare certi snodi narrativi. In alcuni casi sorvolando troppo, in altri riuscendo bene a fonderli. Come, ad esempio, nell’avvio del movie, allorché sovrappone le immagini del fidanzamento e del matrimonio di Constance e Clifford con quelle del fronte e poi della trincea nella quale il nobiluomo viene gravemente ferito. Ma le defaillances, tra le quali anche un inutile ricorso al ralenty per sottolineare pathos o turbamenti amorosi, non cancellano la tenuta dell’intera operazione, che si avvale di una fotografia suggestiva, specie nel gioco luce-ombra del bosco inglese, di una scenografia rigorosa e sontuosa e soprattutto di un ragguardevole quartetto di interpreti. Su tutti la Constance di Holiday Grainger, che ci regala primi piani sempre convincenti, nelle lacrime e nei sorrisi, nel tormento e nell’estasi passionale. Le fanno da contorno James Norton, che fa di Sir Clifford un perdente conformista capace di riscattarsi alla fine concedendo, differenza di quanto avviene nel romanzo, il divorzio alla sua signora; Richard Madden, un Mellors taciturno e scontroso salvo quando, portandosi via la donna, si prende lo sfizio di gridare la propria ribellione alle convenzioni classiste; Jodie Comer, nei panni della triste e vendicativa Ivy Bolton.