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“Raccogliamo il testimone dei Cento passi“, esordisce la direttrice di Rai Fiction Tinni Andreatta: “Raccontiamo quello che è successo dopo. Peppino era solo un ragazzo, così come Felicia era solo una madre: portare avanti la memoria di Peppino significa anche smascherare la bugia che era stata detta”. Felicia Impastato ha aperto le porte della sua casa: “È come se avessimo un’altra volta accesso a quella casa, Lunetta Savino ha donato anima e corpo a questo film”. La Andreatta chiarisce inoltre che la sceneggiatrice è la stessa del film di Marco Tullio Giordana e del tv movie Lea. Alla realizzazione inoltre, ha collaborato attivamente il fratello di Peppino, Giovanni.
Matteo Levi, produttore, esprime soddisfazione perché questa sera Felicia Impastato verrà proiettato in anteprima a Montecitorio.
La parola passa al regista Gianfranco Albano: “Non si trattava di imitare, ma di trovare l’essenza di quella donna. Il film è in soggettiva, come se Felicia fosse chiamata a raccontare la sua storia: c’era la rabbia di una donna che avrebbe voluto fermare il figlio ma, allo stesso tempo, ne era orgogliosa. Per 22 anni, Felicia ha proseguito la lotta del figlio”.
La protagonista Lunetta Savino auspica che Felicia possa essere un esempio: “Lei aveva l’ironia che possedeva anche Peppino. A detta di chi l’ha conosciuta fino in fondo, aveva il senso dell’umorismo. Ho guardato tantissimi filmati fino a consumarli, ma non per imitarla: era una donna di estrema intelligenza, pur avendo soltanto la quinta elementare”. “La visione antiretorica era fondamentale per raccontare questa storia”, conclude l’attrice: ecco perché si è cercato di cogliere anche gli elementi che potessero alleggerire la narrazione.
Presente in conferenza anche Giovanni Impastato: “Ricordi di mia madre, ne ho tantissimi. Il periodo della mia infanzia è stato il più bello per la mia famiglia. Uno dei momenti più forti che ricordo è quando mia madre puntò il dito contro il boss Gaetano Badalamenti” E ancora: “sono contento che, dopo i Cento passi, si porti avanti un progetto di impegno sociale: i giovani hanno bisogno di queste storie, di queste esperienze, perchè oltre che essere esempi, sono educative”.
“Peppino Impastato e Lea Garofalo hanno un aspetto in comune: provengono dall’ambiente che denunciano”, spiega la sceneggiatrice Monica Zapelli. Non solo: “Rompono anche lo stereotipo della donna del sud sottomessa, pagando un pedaggio altissimo. Oggi non possiamo capire la solitudine che provavano alla fine degli anni ’70: il loro dolore non veniva riconosciuto. Quando abbiamo girato i Cento passi, nel bar di Cinisi c’era chi sostenava che con l’omicidio di Peppino, Badalamenti non avesse niente a che fare. La vicenda di Peppino è anche la storia dell’antimafia, perché vi hanno lavorato tutti i magistrati più importanti”.
Antonio Catania dà il volto a Rocco Chinnici, un’interpretazione che ha commosso l’avvocatessa di famiglia Franca Imbergamo:”Chinnici fu il primo a dire che era un omicidio di mafia, motivo per cuiqualcuno nelle istituzioni scrisse che voleva accreditarsi in un certo mondo. La cosa più grave è che lo scrissero quando Chinnici era saltato in aria davanti casa sua. Su Felicia Impastato: “Una donna di grande dignità, la sua grandezza sta nell’aver rifiutato chi gli offriva vendetta, preferendo chiedere giustizia”.
La Savino si dichiara onorata di aver potuto prendere parte al progetto: “Rispetto ad altri produttori, la Rai ha un dovere nel proporre questo tipo di storie al pubblico”. A Giovanni Impastato viene chiesto cosa sia rimasto del lascito del fratello: “Con la nostra presenza siamo riusciti a dare un senso a tutto quello che si è realizzato. La mentalità a Cinisi è sempre mafiosa, ma noi dobbiamo trasmettere questi messaggi ai ragazzi: abbiamo messo casa nostra a disposizione della società civile, coì che si possano respirare le figure di Peppino e Felicia. Abbiamo anche aperto con le chiavi la casa di Gaetano Badalamenti: lì dentro i giovani iniziano davvero a capire. Bisogna cercare di portare avanti un’antimafia vera, concreta, fuori dai protagonismi: un’antimafia credibile diversa da quella in cui, poi, si scoprono gli indagati”.
Infine, Antonio Catania: “È molto gratificante intepretare un uomo migliore dell’attore. Era un uomo buono che ha dato voce a una donna coraggiosa: era consapevole di quello che rischiava, però è comunque andato avanti. Di uomini di questo genere, il paese ha bisogno”.
La conferenza stampa si conclude qui, appuntamento al 10 maggio.