Tanto è luminosa la Napoli de I bastardi di Pizzofalcone, tanto è oscura quella del “Ce ripigliamm’ tutt’ chell che è o nuost”. La Sicilia di Montalbano come le placide vette del Trentino Alto Adige in Un passo dal cielo: i paesaggi italiani diventano personaggi anch’essi, parlano la lingua di una bellezza da valorizzare. Si inseriscono nel racconto divenendone un elemento caratteristico: la fredda Aosta di Rocco Schiavone rispecchia una fotografia glaciale, le stradine di Gubbio e Spoleto inscindibili dalla scrittura buonista di Don Matteo.
Un utilizzo dei paesaggi che caratterizza le serie italiane, dove scorci suggestivi sottolineano il patrimonio del Bel Paese: a volte con l’obiettivo di rafforzare il racconto delle immagini, talvolta escamotage della regia per sopperire a storie poco incisive e personaggi privi di appeal. E se i luoghi parlano, i telespettatori si immedesimano.
I fantasmi di Portopalo
Rese città e paesaggi protagonisti della serialità, proprio come accade con i personaggi del racconto televisivo, il pubblico vi si riconosce. Sognando di visitare quei posti in vacanza, oppure trovando rappresentata in tv la propria realtà. Scatta persino il campanilismo, l’orgoglio di appartenere a quei posti che scorrono sul piccolo schermo. Al punto che, in più di un’occasione, la fiction è stata accusata di rovinarne l’immagine.
È successo con Gomorra, in merito a cui esponenti politici e cittadini hanno sentito il bisogno di specificare che Napoli è molto altro, oltre Scampia. Le polemiche si sono protratte per entrambe le serie, già ereditate da quelle sul romanzo di Roberto Saviano. Accadrà probabilmente con la Roma criminale di Suburra, quando la serie sarà disponibile su Netflix.
Hanno protestato a Bassano Del Grappa, dove si svolge Di padre in figlia: la fiction Rai avrebbe mostrato una città di arrampicatori sociali, una galleria di uomini moralmente deplorevoli che gettano una cattiva luce sulla cittadina.
Questione di immagine pure a Portopalo, dove avvenne il naufragio portato in tv da Beppe Fiorello: pochissimi si sono presentati alla proiezione in anteprima, il sindaco ha dichiarato che i portopalesi vengono tratteggiati come omertosi e “maramaldi”.
Lo scorso anno invece, l’avvocato di Tricase Pietro Luigi Nuccio ha querelato la Rai per aver “diffamato gravemente l’immagine e la reputazione del Salento durante l’ultima puntata della fiction Come fai sbagli”: il passaggio incriminato era un dialogo in cui il protagonista accennava agli ulivi tagliati a causa della Xylella.
Di padre in figlia
Si teme la banalizzazione dei luoghi e di chi li abita, la cattiva nomea che può scoraggiare il turismo: con i paesaggi e le città divenuti essi stessi protagonisti, la rappresentazione della serialità televisiva, parziale per sua stessa natura, si carica di altri significati. I social fanno il resto.
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L’homo videns sente lesa la propria dignità di cittadino, i luoghi che conosce come qualcosa da difendere: è coinvolto in prima persona. È caduta la distinzione tra realtà e rappresentazione, tanto che la narrazione della fiction diviene responsabile di cattiva “pubblicità”, nemmeno si trattasse di un servizio giornalistico.
Una prova però di quanto, ancora, la tv conservi intatto il suo potere mediatico presso il pubblico.