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Vengono celebrati i 400 anni dalla morte del Bardo, così anche infatti è chiamato il massimo poeta inglese, in onore della tradizione ossianica.
Lo Speciale è a cura di Silvana Matarazzo, che si è peritata di intervistare tutte le 27 voci di anglisti, storici del teatro, pensatori, registi, attori, cantanti, musicisti, pittori, a vario titolo interpreti delle opere dell’artista, chiamati – insieme con i preziosi materiali dell’Audioteca Rai – a definire un profilo il più dettagliato possibile del drammaturgo.
Se poche sono le notizie sulla sua vita privata – sposò diciottenne una ragazza di otto anni maggiore di lui, che gli diede tre figli uno dei quali morì a 11 anni – amplissima è la sua produzione letteraria, che conta molte opere in versi e parti di poemi: soprattutto i 37 testi teatrali che hanno reso famoso nel mondo intero lo scrittore, già in vita, ma ancor più dopo la sua morte.
Gabriele Lavia in Otello
William Shakespeare è tuttora il drammaturgo più presente nei teatri mondiali, il più conosciuto, apprezzato, venerato. E’ la stessa vastità delle tematiche a renderlo così univerale, visto che trattò temi drammatici, tragici, ma anche comici e fiabeschi. Decisamente a carattere esistenziale è “Amleto” (1602), sul tormento interiore del principe inglese, che diede così origine all’aggettivo ‘amletico’, il quale designa l’enigmaticità dei conflitti interni dell’uomo.
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Dario Solari in Macbeth
Emblema assoluto dell’amore, giovanile, irresistibile ma avversato dalla sorte, è la tragedia “Romeo e Giulietta” (1596) sui due innamorati vissuti in Ialia nel XIII secolo, figli di casate veronesi nemiche, la cui esistenza si è conclusa con una tragica morte. All’opposto, è sogno, fantasia, scherzo, gioco, la straordinaria opera “Sogno di una notte di mezza estate” (1595), animata da una miriade di fate e folletti, dèi e sovrani capricciosi, e spiriti benefici, che ampliano l’orizzonte delle tematiche storiche di Shakespeare, fino a includere un mondo sconfinante con l’irrealtà, che nell’alta mente dell’autore è anch’essa un aspetto della realtà. Così come accanto alle tragedie sui guasti della società, sull’ansia del potere che conduce all’omicidio – “Macbeth” (1611) attraversato da una spaventosa scia di assassinii e di sangue – fa la sua comparsa il tema tutto individuale della gelosia amorosa in “Otello” (1603): anch’essa conduce il protagonista al delitto, ma dopo un travaglio terribile e gratuito, generato dalla perversa calunnia dell’ambizioso Jago.
Sogno di una notte di mezza estate
Certo per Shakespeare l’umanità è prevalentemente malvagia – basti seguire “Re Lear”(1606), e l’intricato sfaccettarsi dell’ansia di potere, delle invidie, della disumanità – ed il suo pantheon è spietato. Perciò fra gli interpreti grandeggiano attori italiani di profilo altissimo, fra cui – e saranno intervistati da Silvana Matarazzo – Gabriele Lavia, Anna Maria Guarnieri, Umberto Orsini, Giorgio Albertazzi cui di deve uno dei migliori “Re Lear” del Novecento: ciò anche se il pensiero corre ad un attore inglese grandissimo, Laurence Olivier, che lasciò negli anni ’50 una interpretazione teatrale e cinematografica senza confronti del “Riccardo III” (1592, ultima opera della tetralogia minore di Shakespeare sulla storia inglese), uno dei personaggi più crudeli e perfidi del drammaturgo.
Giorgio Albertazzi in La tempesta
Né in questa rassegna di Radio 6 Teca poteva mancare il rilievo dato a Gigi Proietti, direttore artistico del Globe Theatre di Villa Borghese, dal 2003 dedicato – come lo fu il cinquecentesco Globe Theatre elisabettiano di Londra – alle opere di Shakespeare. L’attore ha da poco ricevuto dall’Ambasciata inglese il Premio Award 2016, in nome dei suoi meriti artistici nell’allestimeto e nella diffusone delle opere del drammaturgo inglese. In tal senso, il Globe Theatre è infatti una gloria indiscussa di Roma.